Avete mai pensato come alcune date o alcune località evochino immediatamente immagini drammatiche? Pensate ad esempio a cosa evoca, nell’immaginario collettivo, l’11 settembre…
Mostar e Sarajevo…per chi ha più di trent’anni, le stesse sensazioni riaffiorano se si pensa a cos’ha significato la guerra in Bosnia e la città di Sarajevo nei primi anni novanta…Quattrocentoventisette anni.

Tanto rimase sospeso sulle acque impetuose della Neretva, il vecchio ponte medievale costruito dai turchi, nel 1566 a Mostar.
Dopo ripetuti danneggiamenti per mano dei serbi, poi dei musulmani e infine dei croati, nel novembre del 1993 venne definitivamente fatto crollare.

Mostar e SarajevoLo scopo della sua distruzione fu più simbolico che militare. Quel ponte, da quasi mezzo secolo, univa le comunità cristiana, musulmana ed ebraica. Da quel giorno, divise sulle opposte sponde.

Il ponte, tuttora è un simbolo magico della città. Venne stato ricostruito nel 2004, utilizzando le stesse tecniche e gli stessi materiali dell’epoca, restituendogli l’antico originale splendore.

Mostar e SarajevoTutto, a Mostar, ruota intorno al ponte.

Da un lato, il vecchio quartiere musulmano: i laboratori artigianali dei battitori di rame, i piccoli negozi di souvenir e i locali che servono il caffè turco, i burek e i cevapcici. La Moschea svela la sua rilassata spiritualità nel cortile interno, dove al centro la fontana zampilla acqua per le abluzioni e lungo un lato, qualche banchetto propone tessuti dalle fantasie arabeggianti. Dal cortile si accede al minareto, sul quale vale la pena salire.

Fatica molto ben ripagata: il panorama toglie il respiro. Il ponte è di fronte. Ai suoi lati le torri di guardia; e abbassando lo sguardo verso il fiume, le terrazze dei caffè e gli ombrelloni colorati si alternano con le abitazioni. Lato destro musulmano, lato sinistro cristiano, in fin dei conti, non sono così diversi.

Mostar e SarajevoPrima di attraversare di nuovo il ponte, veniamo attratti da una mostra fotografica che documenta in modo tanto brutale quanto dettagliato, la storia del ponte. Distruzione e ricostruzione comprese.
Camminiamo, a caso, lungo il ciottolato della parte più antica di Mostar, lasciandoci guidare dai profumi intensi che escono dai ristoranti. Non possiamo non entrare: in fin dei conti anche la cucina dei paesi visitati è parte dell’esperienza del viaggio. Ceniamo con dell’ottima carne, la strabiliante salsa ayvar di melanzane e peperoni bevendo birra, in un piccolo locale con le pareti in sasso e i tavoloni di legno.

Mostar e SarajevoIl giorno seguente passeggiamo per la parte musulmana di Mostar, verso la Casa del Turco, uno degli interessanti edifici residenziali d’epoca ottomana che ancora oggi ben rappresentano la vita quotidiana dell’epoca. Si entra scalzi, ma il susseguirsi di tappeti rende agevole, oltre che particolarmente piacevole la passeggiata.

Camminando per Mostar non si possono non notare i cimiteri e le lunghe file di lapidi bianche. Su tutte una caratteristica identica, ricorrente. 1993. L’anno della morte.

Mostar e SarajevoLasciamo Mostar percorrendo Bulevar Hrvatskih Branitelja, il vecchio fronte di guerra. Sugli edifici, dopo quasi vent’anni, ancora i segni delle bombe e della distruzione.

Mostar e SarajevoRisaliamo ancora lungo la Neretva, verso nord, con direzione Sarajevo.

Mostar e SarajevoNon c’è un motivo per puntare verso la piccola capitale della Bosnia; non è una città turistica, non vi sono monumenti particolarmente famosi; nulla di grande richiamo turistico. A Sarajevo si va perché l’intera città è una pagina di storia e, per gli europei, forse anche per fare un viaggio nella propria coscienza

Appena arrivati a Sarajevo siamo accolti, alla reception dell’hotel, da una ragazza molto giovane alla quale, sbrigate le formalità del check-in, poniamo la più banale delle domande: è una città sicura Sarajevo?

Lo sguardo stupito della ragazzina, che per l’età che dimostra potrebbe essere nata sotto le granate dei cecchini, è la migliore delle risposte possibili.
Troppe brutalità hanno vissuto i sarajevesi per non desiderare la tranquillità e la serenità. Si, è una città sicura, di giorno e di notte.

Ci accoglie una giornata piovigginosa e grigia che non rende giustizia al panorama che si può ammirare dalle montagne circostanti. Al contrario, il clima crea l’ambientazione ideale per farsi avvolgere dai profumi che si respirano intorno alla fontana Sebilj, cuore del vecchio quartiere turco Baščaršija e sede dell’antico mercato cittadino.

Profumi di pane appena sfornato, di carne speziata e di cipolla; odori che danno la strana sensazione che solo i luoghi di confine sanno regalare. Siamo ad un confine. Questo è il cuore geografico dell’Europa, ma l’Europa qui ha già gli avvolgenti e affascinanti tratti mediorientali.Mostar e Sarajevo

Passeggiamo. A Sarajevo tutto ci sembra lento e paziente, scandito dai movimenti dei giocatori di scacchi il piazza Izebegovic. Passeggiamo lungo la Miljacka, dal Ponte Latino sul quale ebbe inizio la prima guerra mondiale, fino ad uno degli edifici simbolo della città: la Biblioteca Nazionale che porta ancora gli evidenti segni dei bombardamenti. Il 26 agosto 1992 infatti i soldati serbi, puntando alla distruzione dei simboli culturali bosniaci, la colpirono distruggendo oltre due milioni di volumi.

Oggi l’edificio è in ricostruzione, con i contributi della Comunità Europea e di molti Governi d’Europa, tra i quali lo stesso Governo della Repubblica Serba.

Passeggiamo arrampicandoci su una collina. I segni della guerra sono ovunque: lo sguardo incontra macchie bianche in lontananza, su ogni collina. Sono le tombe. Cimiteri improvvisati ovunque ci fosse spazio: sulle montagne, nei parchi pubblici, nei giardini.
Mostar e SarajevoSarajevo sorge sull’antica via che collegava Venezia a Istanbul e poi, verso la Cina, diventava la famosa via della seta. La Moschea Gazi-Husrevbey; la Cattedrale Cattolica; la Sinagoga Ebraica; la Cattedrale Ortodossa, tutte erette nella Baščaršija, ben rappresentano l’unicità di questo crocevia di civiltà.Mostar e Sarajevo

Lasciamo la città con l’immagine di un fiore. Le rose di Sarajevo.
Dove cadde una granata, oggi c’è una rosa….

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